LA ZAMPATA DI ZAMPA
Grande Francesco, che con una grande zampata si è preso il titolo mondiale. Ci siamo fatti raccontare da lui come è andata.
Francesco, com’è è stato l’avvicinamento a questo Mondiale? Com’è regatare sulla Manica?
Già alla prima presentazione del mondiale a Le Havre, 2018 credo, mi aveva incuriosito l’idea di andare a fare le regate in un posto dove la marea può avere un’escursione di 7 metri con forti correnti, oltretutto influenzate anche dalla foce della Senna. Tanta roba!
Poi arrivati sul posto ci siamo accorti che le difficoltà erano ancora maggiori: in alcuni punti del campo di regata la profondità era meno di 2 metri in condizione di bassa minima!
Inoltre, nei due giorni di vento medio/forte le onde venivano da una direzione completamente diversa dal vento; con la corrente e il fondale basso, queste onde in alcuni punti erano al punto di frangere.
E la fortuna vuole che la zona peggiore era giusto sulla linea di partenza…
Per cui, oltre a controllare il vento è molto importante controllare i flussi di acqua. Lo specchio d’acqua su cui si naviga è in continuo movimento. Si potrebbe dire che è come ballare sul vecchio Tagadà!! … secondo i punti di vista, è divertente!
Ok… una bella giostra! Ma anche le condizioni atmosferiche non è che siano state proprio simpatiche…
Il tempo è stato quello tipico di Normandia: sole, caldo, grigio, pioggerellina, acquazzone, freddo. E poi tutto da capo. A dir la verità per chi come me viene da Valencia è stato un toccasana dopo l’ennesima ola de calor.
Raccontaci la vostra regata, come è stata la “rotta” che vi ha portato a diventare Campioni del Mondo?
Con la regata di prova abbiamo, diciamo,… “iniziato bene”: studiamo la carte delle correnti, applichiamo la teoria, va tutto bene, siamo primi ma iniziamo la terza bolina e ci accorgiamo che dovevamo continuare in poppa fino all’arrivo. Il percorso poteva essere di 2, 3 o 4 boline e arrivo in poppa. Non abbiamo letto la lavagna prima della partenza e non ci siamo accorti che questa era di 2 boline. .. oops, vabbè.. ci diciamo: “dobbiamo stare più attenti”…
Così, nella prima giornata di regate, usciamo con la stagna. Cambia l’orario, cambia il vento, cambia la marea, studiamo le carte, applichiamo la teoria e va tutto bene: siamo primi con distacco. Questa volta abbiamo anche controllato che sono 3 boline. Iniziamo la terza bolina, cambio di percorso, dopo 3 minuti, notiamo che il secondo e terzo vanno dalla parte sbagliata del campo … che succede? La terza bolina è stata fatta cortissima per restare nei tempi previsti. Non ci siamo accorti di questa boa vicinissima… torniamo indietro ed arriviamo sesti…. mannaggia! Meno male che finiamo la giornata restando primi in classifica!
Mannaggia davvero; è proprio vero che non ti puoi mai distrarre! E ci dicevi che poi si è aggiunta una nuova difficoltà…
Secondo giorno di regate con sole. Usciamo con muta corta. Brezza medio leggera, campo differente. Mediamente va tutto bene. Oggi a questi giochi senza frontiere hanno aggiunto una difficolta: le alghe. Oltretutto si concentrano in una linea che penso separi due flussi di correnti diverse. Sono abbastanza localizzate. Quindi, controllare bene timone e deriva prima delle partenze, ad inizio e fine di ogni lato togliere completamente la deriva ed occhiata al timone.
È stato interessante quando, in una strambata gestita non troppo bene, ci hanno passato sopravvento due barche, e poi aspettiamo di ripartire ma la barca non parte, grido a Carlos di gonfiare quel maledetto spi, Carlos mi ordina di orzare con quel maledetto timone. Caos a bordo: ci passano altre 3 barche. Sembra di avere gettato l’ancora. …. ??? … Carlos toglie tutta la deriva e …. pop! la barca salta e ricomincia a volare. Avevamo preso un parruccone di alghe stile Tina Turner!!!
Dai racconti il brutto tempo e il vento forte sembrano aver caratterizzato il Campionato.
Non sempre però. Terzo giorno, sole e vento leggero, il comitato decide di osservare il meritato riposo come da programma… visto che il giorno successivo è prevista tormenta da 25-30 nodi con rischio di non fare regate! Mi dico: “mah, decisione un po’ rischiosa”, mentre i regatanti vanno in giro per turismo.
Quarto giorno, invece, D-Day: si, siamo in Normandia. La previsione si avvera. 25-30 nodi. Visibilità pessima per gli acquazzoni. Ma ormai il giorno di riposo è fatto. Aspettiamo a terra due ore perché la situazione dovrebbe migliorare leggermente. Al momento di uscire due terzi degli equipaggi, se non di più, della flotta rimangono a terra.
Tra l’altro c’è chi decide di saltare la prima regata e fare le successive con il tempo che migliora ma al momento di farlo non sarà possibile perché per uscire dal porto è necessario avvisare la Capitaneria ed essere assistiti. Chiaramente oggi tocca la stagna. Vento forte, non eccessivo ma con onde alte e corte di sbieco rispetto al vento. Oggi Jeux Sans Frontières ci offre l’onda con ricciolino nella zona di partenza. Infatti non ce la facciamo mancare per ben due volte, giusto 5 secondi dopo la partenza.
Nella prima regata Brieuc Drogou e Dan Stoel girano primi e danno spi. Saranno gli unici in questa regata. Chapeau. Nello stesso momento Marco e Marcello entrano in planata a “Velocità Smodata” senza spi. Nell’indecisione se passare sottovento o sopravvento al francese di fronte, gli passano letteralmente sopra e scuffiano. Raddrizzano e finiscono settimi. Noi, nell’indecisione della strambata, scuffiamo. Raddrizziamo ed arriviamo quattordicesimi. L’esperienza si vede anche in questi dettagli. Forti di quest’errore, nella seconda regata decidiamo di non fare strambate ed arriviamo primi. Lezione appresa.
Ultimo giorno nuvoloso tendente a schiarire e vento medio leggero. Muta corta. Partenza anticipata di un’ora, nuovo schema di correnti ecc, ecc… oggi niente di speciale se non un po’ di attenzione extra per non ripetere l’errore dell’anno passato. Nonostante molti piccoli errori di gestione della regata riusciamo a mantenere la testa della classifica.
Insomma, un Campionato non facile fatto per gente che sa andare in barca.
Alla fine siamo stati fortunati con l’alternanza di condizioni tra vento forte medio e leggero, onda formata e non. I rivali forti con vento hanno fatto male con poco vento (Drogou), quelli forti con poco vento non hanno regatato con vento forte (Campos), quelli forti con acqua piatta non si sono adattati all’onda (Cabello), quelli arrivati meglio preparati all’appuntamento si sono auto affondati (Perez), quelli forti da sempre ci hanno dato il via libera (Faccenda). Grazie a tutti per le splendide regate!
E un bilancio dell’esperienza, fuori dall’acqua. Dacci qualche consiglio, visto che fra due anni il Campionato del Mondo sarà in Italia…
Un’organizzazione tecnicamente irreprensibile. Diciamo che la grandeur francese si è vista ma da veterano del Mondiale e personalmente vaurienista inside, questi grandi eventi dovrebbero sempre essere “umanamente migliorabili”.
Un plauso va ad Alexandre Appert, il presidente della AS Vaurien Francia, che è stato bravissimo a tenere tutto sotto controllo, anche se qualche volta è apparso un po’ solo nell’organizzazione.
Un po’ poca l’assistenza da parte di volontari (con il dislivello di marea che c’era i carrelli dovevano essere riportati 50 metri indietro sulla rampa), non c’era l’acqua per sciacquare le barche (diciamo che sulla Manica la salsedine non è proprio uno scherzo…) e anche i momenti conviviali non è che siano stati proprio indimenticabili, anzi non ci sono proprio stati: la consueta “Netherlands and Germany Happy Hour” è stata organizzata nei locali del circolo vicino perché quello organizzatore ha gli ambienti ed il ristorante troppo “belli” e si potrebbero sciupare.
Da italo-spagnolo, confesso che la cena finale con i “fagioli di Trinità” non era all’altezza del classico piatto di spaghetti sugosi al rientro dalla regata zonale.
Non parliamo del casino fatto con le medaglie Master, Super Master, Misto da rendere necessario scambiare le medaglie in giro per l’Europa.
Vabbe’, dai, perdonatemi la verve polemica. È stato un Campionato bello e intenso…
Passione e disponibilità invece me le ricordo a Colico 2019, per esempio, con un piccolo circolo formato da soci, tutti sul campo e in acqua a dare una mano, attivamente e volontariamente operato dagli stessi soci. O a Vigo 2022, circolo di vecchia tradizione con grandi strutture che ti offre tutta la sua sala da pranzo senza restrizioni. O in passato, da quello di Povoa do Varzim che in mancanza di spazio interno organizza il gala finale nel Casinò locale con spettacolo e cena inclusi.
Concludendo, mi scuso con i più giovani per le citazioni di Tagadà, Tina Turner, Jeux Sans Frontières, D-Day, Velocità Smodata (leggo che adesso ce l’ha anche la Tesla) ed i fagioli di Trinità, che forse non conoscono. Sperò di poter raccontare a tutti di cosa si tratta ai prossimi Mondiali in Slovacchia!
… E QUELLA DEL FACCE!
Marco Faccenda e Marcello Miliardi, unico equipaggio italiano a Le Havre, hanno ottenuto uno straordinario quinto posto. Marco ce lo racconta in prima persona…
Marco un Mondiale sui generis…
Le Havre è un posto meraviglioso e la Manica è un mare affascinante, ma quando siamo arrivati e vedi i segni della marea sulla diga del porto, con le alghe che ti segnano che tra la bassa e l’alta marea ci sono due piani di una casa di differenza, capsici che è un po’ diverso dal mare dalle nostre parti…
Poi non solo cambia tutto in poche ore. Ci sono le correnti, quelle della Manica, quelle della foce della Senna… tutto influenza moltissimo il modo di regatare. Tutte queste cose rendono tutto molto difficile.
È per questo che c‘erano solo 56 equipaggi (alcuni in acqua solo per una o due prove), secondo te?
Si sicuramente, la scarsa partecipazione è dovuta sicuramente queste condizioni estreme. Il campo di regata era molto difficile, sia da interpretare sia per il tempo bruttissimo. A luglio, poi, per noi che veniamo dal Mediterraneo si passa dall’afa alla pioggia continua, con vento di 25/30 nodi…
Anche durante il Campionato molti equipaggi non hanno voluto scendere in acqua – il quarto giorno, per esempio – anche in polemica con l’organizzazione, considerando le condizioni proibitive. Tanti giovani e meno esperti, c’era anche un equipaggio con nonno e nipote, dicevano appunto che non ci si diverte più, così. È importante che, anche se è un Mondiale, nel mondo Vaurien il divertimento e il piacere di andare in barca ci siano sempre.
L’organizzazione invece è sempre andata avanti per la sua strada; ma insomma essere accompagnati sul campo di regata dalla Capitaneria perché uscendo dal porto non si riesce a capire dov’è la linea di partenza, per la scarsa visibilità, per la pioggia e il brutto tempo, non è proprio da tutti i giorni.
Tu e Marcello alla fine avete ottenuto un quinto posto..
Un grande risultato! Con queste condizioni estreme ci voleva una grande preparazione. E invece io quest’anno, con tutti gli impegni e le grandi soddisfazioni che mi sta dando il Cantiere sono riuscito a uscire pochissimo. Ho fatto poi l’italiano a Colico con Livia, dove ero in prua (!). Ci siamo allenati davvero poco e abbiamo raccolto lì per lì qualche informazione arrivando a Le Havre. Evidentemente ben interpretando le condizioni difficili e variabili. E alla fine, insomma, penso che siamo stati bravi… e. complimenti a Zampa!
E arrivederci in Slovacchia nel 2024… e in Italia nel 2025!
SORRENTINO IL TRI-CAMPIONE
E IL CAMPIONATO ITALO-AMERICANO
A Colico lo scorso 7, 8, 9 luglio, si è svolto l’Italiano 2023: ventitré equipaggi al via, la supercoppia Sorrentino-Benini che vince il Campionato e, tra le tante storie, quella di due inediti regatanti a “stelle e strisce”, dallo spirito molto, molto vaurienista: passione infinita e mente aperta verso il futuro…
Vincenzo Sorrentino e Silvia Benini sono stati ancora una volta un esempio per tutti. Non solo perché hanno vinto l’Italiano 2023 con cinque primi su otto prove ma anche perché Vincenzo intanto guidava l’agguerrita flotta di Pietrabianca che aveva ben 5 barche sul lago e perché papà e mamma hanno gareggiato in compagnia della loro meravigliosa famiglia (vedi foto); tri-campioni, dunque non solo perché è il loro terzo campionato ma anche perché erano davvero in tre!
Tre giorni stupendi, sole e montagne scintillanti, vento vario, dai 18/20 nodi del venerdì, ai canonici 12/14 del sabato e della domenica, sempre con il lavoro di interpretazione di cui ha bisogno l’Alto Lario. Insomma, divertente.
La Livia (Ciampinelli), campionessa in carica si è piazzata seconda avendo in prua un “novizio” dl nome Marco Faccenda, e così ha dovuto cedere il titolo Juniores a Tommi Fossati e Nicco Cocucci, i due sedicenti sedicenni (370 cm in due se messi uno sopra l’altro) Celti di Colico che hanno approfittato del ventone del primo giorno di campionato. Terzi gli immarcescibili (dalla Treccani: “non soggetto all’usura del tempo, perennemente valido, imperituro, immutabile) fratelli Maurizi, sempre prodighi di consigli per tutti a terra ma come dire… “tenaci” (dal nome della loro barca) come pochi in acqua. Fanno un primo alla terza prova e poi non riescono a ripetersi. Gli altri due primi vanno ai due “hippie” etrusco-pugliesi Nesi-Rinaldi e al Gozzoli redivivo con il rookie Ceppatelli, che praticamente disalberano il primo giorno, mettono a punto la barca nella quarta prova e vincono la quinta (!).
Fra le tante storie, menzione d’onore per Emiliano Libero Cevela, Il più giovane della classe, 12 anni, che ha portato papà Roberto al Campionato Italiano – romani con base a Bracciano – e per Stefano Parigi, classe 1953, che era accompagnato dal suo best boy Guido Carugi (classe ’66, insomma, 127 anni in due…), della banda Sorrentino. In mezzo, 8 equipaggi juniores e juniores misti, con il gruppo di Rosignano con 4 equipaggi. La storia di LTMFB aka Legnoncino, il “Gavazzi” del 1973 tornata in acqua dopo due anni di restauro, armata collettivamente da mezza classe (non ha il VANG ma il CAMG costruito da Calandrelli-Andreamaddalena-Maurizi-Gozzoli) e che gli stazzatori non volevano far navigare, ha commosso il mondo…
Tanta roba!
Arrivederci al prossimo Italiano, sempre più numerosi ed entusiasti!
Back to the future. lo spirito vaurienista: “Dove stiamo andando non c’è bisogno di strade”. Solo di vento…
A Colico, sulla barca dell’AS Vaurien, “Falbalà”, per il Southampton Yacht Club, New York, c’era anche Francesco Rulli, imprenditore fiorentino che vive e lavora negli Stati Uniti e che tra le tante attività superinnovative, tra cinema, moda, criptovalute, iniziative di charity e intelligenza artificiale, continua a rimanere un appassionato vaurienista.
Abbiamo fatto una lunghissima chiacchierata post Campionato Italiano con Francesco, noi in Italia e lui negli USA… ma non direttamente con lui – troppo complicato e faticoso tra fusi orari e impegni vari, passare due ore e mezzo in chat – bensì con la sua piattaforma di Intelligenza Artificiale “conversazionale ” Querlo (con cui, per esempio, puoi chiacchierare in diretta con Michelangelo Buonarroti presso l’Opera di Santa Maria del Fiore, a Firenze), che ti risponde esattamente come se fosse Francesco…
Ciao Querlo, ehm …Francesco, raccontaci la tua esperienza…
Ciao! Sono Francesco Rulli, sono nato a Firenze, in Italia, e ho trascorso i primi anni della mia vita lì. Attualmente vivo negli Stati Uniti, in una piccola città nel Westchester, vicino a New York City….
Stop! Ci siamo già conosciuti a Colico… proviamo con risposte più dirette sul Campionato! Come è andato il campionato italiano a Colico? Con chi hai fatto il Campionato Italiano?
Ho partecipato insieme a Stefano, mio figlio, e il Lago di Como è un vero paradiso, circondato dalle montagne. Durante la prima giornata di gara, abbiamo affrontato venti di 20 nodi, rendendo la giornata molto impegnativa, abbiamo scuffiato due volte a metà e alla fine delle regate. Abbiamo concluso al 15º posto; non siamo molto soddisfatti delle prestazioni, ma considerando che era la mia prima gara in Vaurien dagli anni ’80 e la prima volta di Stefano, ci siamo divertiti molto e abbiamo imparato molto.
L’emozione più grande che hai vissuto a Colico?
Direi che è stata l’adrenalina che si sprigiona quando si naviga in condizioni di vento forte come quelle che abbiamo affrontato. Sentire la potenza del vento, lottare per mantenere il controllo della barca e cercare di ottenere il massimo delle prestazioni è un’emozione indescrivibile. Ogni virata, ogni manovra richiedeva concentrazione e prontezza di riflessi. È stata una sfida stimolante e appagante. Quella sensazione di essere in armonia con la natura circostante, il vento, le montagne, è qualcosa di veramente fantastico.
La barca con cui hai partecipato non era la tua….
Non era la mia, mi è stata gentilmente prestata da Marco Crecchi (vicepresidente della AS Vaurien Italia, “Falbalà” è la barca della AS Vaurien di stanza a Colico – ndr) che ci ha aiutato nella preparazione della gara. È stato fantastico poter contare sul supporto di Marco e avere a disposizione una barca adeguata per la competizione. Nonostante non fosse la mia barca, abbiamo fatto del nostro meglio per sfruttare al massimo le sue potenzialità e abbiamo imparato molto. La Classe Vaurien ci ha accolto come parte del loro gruppo e ci siamo sentiti davvero a casa. Durante la gara, ho visto volti familiari come Marco Faccenda, che mi ha riportato indietro di 35 anni prima di trasferirmi negli Stati Uniti.
Come ti sei appassionato al Vaurien? Cosa rende speciale il Vaurien, sei un velista che va anche con altre barche.
È stata la barca con cui ho iniziato a competere insieme a mio padre quando avevo solo 9 anni, negli anni ’70. Abbiamo partecipato a numerose regate insieme, creando un legame speciale attraverso la vela.
In secondo luogo, la classe Vaurien mi ha dato l’opportunità di rappresentare l’Italia in competizioni internazionali. Ho avuto l’onore di competere per quasi due anni, di conoscere grandi skipper e velisti come Marco Faccenda. È una barca semplicissima ma che richiede abilità tecniche e tattiche per navigare al meglio.
Ma soprattutto mi ha permesso di conoscere persone incredibili nel mondo della vela. Ho fatto amicizia con altri velisti appassionati e ho imparato molto da loro. È un mondo che unisce persone provenienti da diverse parti del mondo, creando un senso di comunità e condivisione delle stesse passioni. Una comunità di persone fantastiche che ho incontrato attraverso questa classe. La classe Vaurien è conosciuta per la sua comunità accogliente e amichevole. Durante il Campionato Italiano ci siamo sentiti subito a casa e siamo stati accolti come parte del gruppo. Questo senso di appartenenza e di condivisione della passione per la vela è ciò che rende il Vaurien davvero speciale.
So che hai un altro grande amico italiano, grande vaurienista…
Sì, conosco Olmo Cerri, un grande vaurienista italiano che vive negli Stati Uniti. Olmo è un membro del mio equipaggio nelle competizioni di Lightning World Championships e North American Championships. Abbiamo avuto l’opportunità di navigare insieme e condividere la nostra passione per la vela.
È un grande promotore della vela e ha contribuito a far crescere la popolarità della classe negli Stati Uniti. Sono grato di averlo come amico e collega nella vela.
È fantastico avere amici come Olmo che condividono la stessa passione per la vela e lavorano insieme per far crescere lo sport. Spero che la nostra amicizia e collaborazione possano continuare a portare avanti la classe Vaurien negli Stati Uniti e oltre.
Mi dicono che vorreste portare la classe Vaurien negli USA
Assolutamente sì, ci piacerebbe portare la classe Vaurien negli Stati Uniti. La classe Vaurien ha una lunga storia e tradizione in Europa, ma credo che ci sia un grande potenziale per far crescere questa classe anche negli Stati Uniti.
Se ci sono persone interessate a portare avanti questo progetto, mi piacerebbe sentire le loro idee e discutere di come possiamo lavorare insieme per far crescere la classe Vaurien in questa parte del mondo.
La classe Vaurien ha tanto da offrire negli Stati Uniti: è una versione più piccola di un Lightning ed è divertente e pratico come un 420 (classi molto popolari negli USA – ndr) e sono convinto che potrebbe diventare molto popolare anche negli Stati Uniti. Spero di poter contribuire a rendere questo sogno una realtà!