Il gruppo di testa del Vendée Globe affronta le condizioni più dure dall’inizio della regata a causa di una profonda depressione nell’Oceano Indiano. Dopo un mese di fatica e di stress, navigare con 35-55 nodi di vento e onde alte anche 7 metri, è molto impegnativo: anche le piccole riparazioni diventano faticose e le grandi sembrano quasi impossibili…
Charlie Dalin, che ha navigato la scorsa notte a una media di 20 nodi, estende il suo vantaggio, posizionandosi a 250 miglia da Thomas Ruyant. Mentre lo skipper di Apivia macina miglia, quasi tutti gli avversari dietro di lui stanno rallentando il passo, o per problemi tecnici, o per meglio posizionarsi rispetto a un fronte particolarmente minaccioso, che si estende per 800 miglia, con venti superiori ai 60 nodi e onde mostruose di 8 metri.
Tra gli skipper che hanno avuto problemi tecnici in queste ultime ore ci sono Louis Burton (Bureau Vallée 2) e Damien Seguin (Groupe Apicil), entrambi alle prese con un guasto al pilota automatico che ha rallentato la loro corsa. Seguin è sceso dal terzo al settimo posto, mentre Burton è passato dal secondo al quarto.
Seguin sembra aver finalmente risolto il problema:
«Sono fiducioso perché abbiamo fatto diverse prove per capire l’origine del problema e spero si tratti di una solida riparazione. Ieri è stata una giornata molto complicata: ero così stanco, mi sentivo giù, ero un po’ a pezzi. Ma sono riuscito a riposarmi e le cose stanno andando molto meglio, Anche se non vado veloce, mi sento ancora in gioco, e credo di avere azzeccato la rotta».
Nel frattempo Yannick Bestaven, al suo secondo Vendée Globe, risale al terzo posto. «Mi sento come se avessi vissuto diverse vite in pochissimo tempo», ha detto lo skipper di Maître CoQ.
«A volte mi chiedo cosa diavolo sto facendo qui, in mezzo al nulla in questo mare in tempesta», dice Benjamin Dutreux, l’esordiente 30enne al Vendée Globe, mentre Isabelle Joschke (MACSF), interrogata sulle sue sensazioni dopo un mese di regata, risponde: «Mi sento molto piccola, molto fragile».
Il ritmo rallenta
A 30 giorni dalla partenza i leader si trovano ancora in mezzo all’Oceano Indiano, mentre quattro anni fa Armel Le Cléach aveva già superato Cape Leeuwin (punta sud-occidentale dell’Australia). Questa Vendée Globe non è stata facile, dal punto di vista meteo, soprattutto nell’Atlantico, dopo lo start: sono mancate le onde lunghe degli Alisei e soprattutto sono mancate le condizioni ideali per far macinare, ai nuovi foiler, le 500 miglia al giorno che avevano promesso…
«Vedere dopo un mese di regata 11 IMOCA di diverse generazioni raggruppati nel raggio di 600 miglia nell’Oceano Indiano, è incredibile», hanno commentato i consulenti meteo Sébastien Josse e Christian Dumard.

«Tra LinkedOut del 2020, secondo in classifica, e il quinto OMIA Water Family, passano 12 anni e tre cicli di Vendée Globe, eppure sono a sole 200 miglia di distanza, una nullità: meno di mezza giornata in certe condizioni!».
Stanotte per Charlie Dalin sarà dura: lo skipper si prepara, infatti, ad affrontare oltre 50 nodi di vento, mentre Ruyant rallenta per allontanarsi da una depressione che, secondo Yannick Bestaven, ti costringe a vivere a bordo come “animali”. Lo skipper di Maître CoQ IV ha spiegato di aver retratto i foil «perché i colpi sono troppo violenti. Navigo in tutte le direzioni, faccio qualsiasi cosa pur di non entrare nella “bocca del lupo”».
Da Bestaven a Sorel (11°), sono nove gli skipper che hanno scelto di rallentare e modificare la rotta per lasciar passare la depressione a Sud. Tra loro Giancarlo Pedote a bordo di Prysmian Group che, a metà strada tra la longitudine del Madagascar e quella delle isole Kerguelen, difende la sua decima posizione, stando ben attento a non danneggiare scafo e attrezzature: «Lunedì un fronte è passato sopra di noi. Ho visto gli strumenti segnare oltre 40 nodi di vento. Ho dovuto tenere duro, perché il mare è sempre molto corto e incrociato. Più volte la barca ha planato e si è piantata nell’onda davanti o, viceversa, in più occasioni è stata raggiunta da quella dietro. Ho scelto di rimanere un po’ più a Nord rispetto ai miei diretti concorrenti per preservare l’equipaggiamento. Non nascondo il fatto che al momento sto navigando in modo abbastanza conservativo, perché nell’Indiano, le barche rischiano di poter subire forti sollecitazioni. A mio avviso, è bene limitare gli shock contro le onde. Quando le condizioni del mare saranno più gestibili, tirerò fuori le armi a mia disposizione, ma visto il tratto di oceano che stiamo percorrendo, non è il momento di rischiare. Sto scoprendo molte cose. Non avevo mai navigato nei mari del Sud prima e le persone che me ne avevano parlato lo avevano fatto di sfuggita. Probabilmente perché è indescrivibile».

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